Una calamita per guai

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  1. Altair Shou
     
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    Camminare per le strade di Balbadd non si stava rivelando rilassante come aveva immaginato inizialmente, ma la ragione era alquanto insensata: da abitante di Kou, pensava che da queste parti non ci fosse molto amore per la sua gente, nonostante si sia potuta formare una repubblica, quelle terre restavano sempre nelle mani dell'impero, arrivato dopo un periodo di tensione altissimo ed una guerra sfiorata per miracolo.

    Non aveva motivo di sfoderare quello sguardo sfiduciato, il quale invece sbucava da sotto la fitta frangia bionda, un po' spettinata per il venticello primaverile ma caldo, com'era ipotizzabile dal clima locale. Nient'altro si poteva scrutare dal suo volto, le labbra erano celate da una lunghissima sciarpa nera, e solo la punta del naso riusciva a trionfare su tutto quel tessuto che sì, era troppo caldo ma le abitudini spesso vincono anche contro questi piccoli particolari fastidiosi. Con una veste bianca dai bordi rosa ed una vistosa cinta nera stretta sui fianchi, camminava a passo rallentato a causa del carico che si portava dietro: una grossa borsa sulle spalle, stretta da delle corde che tenevano ferme quelle che sembravano delle stoffe ben arrotolate, di vari colori e senz'altro non leggere. Le mani, a differenza dei piedi, erano scoperte e tenevano un cesto sopra la testolina, dal quale era facile scrutare il contenuto: del cibo. Nonostante si portasse dietro un'arma con l'inconfondibile rumore di metallo dietro di sé, sarebbe stato difficile brandirla senza far cadere qualcosa... se non era sul punto di vacillare, poco ci mancava.

    Erano passati una manciata di minuti, da quando era riuscita a sfuggire all'incredibile quantità di gente accumulata nel grande mercato, con le sue colorate bancarelle abbellite da tendaggi e incantevoli decorazioni tradizionali da ogni dove: un'estasi per gli occhi ma un po' meno per i timpani, costantemente all'erta come ogni muscolo del corpo teso, pronto ad incassare uno spintone, un furto, un'aggressione verbale per essere in mezzo ai piedi, ma nel peggiore dei casi essere fermata da un negoziante ruffiano, cosa che le sarà successa una cinquantina di volte in tutto il pomeriggio: il cliente migliore di solito è una giovane ragazza dall'aria benestante, non costretta ad indossare gli abiti da cittadino di Balbadd,e perciò sicuramente turista con un bel gruzzolo, no? E fin qua ci arrivava anche Altair, ma il punto era che tutti rivolgevano l'attenzione su di lei, evitando la gentile ospite che stava scortando alla ricerca di stoffe per i vestiti del locale: Avreliya non era ancora famosa come poteva esserlo una Ekaterina a Sindria o una Elizabeth di Qishan, ma lavorava duramente fin dal vecchio impero, o così le aveva raccontato. Conosciuta tramite le sue ex tutrici di Kou, la bionda si era ormai fatta una certa reputazione come scorta delle migliori donne del mondo: poteva vantar di aver scortato diverse figure importanti, alcune di esse le avevano anche rivelato segreti che avrebbero fatto tremare il Re Sinbad, e non se ne stupiva affatto, mantenendo professionalità e tenendo per sé tutti questi rivoltanti dettagli, e maturando una sempre più negativa opinione sui più grandi capi di stato del mondo. Tornando alla persona che aveva scortato lungo il tragitto, non comprendeva come potesse non attirare l'attenzione, con il suo imponente metro e novanta, con i muscoli definiti da un duro allenamento e dei bellissimi e lunghi capelli rossi, ricci e ben curati ed un naso virile, aquilino e molto, molto definito nei suoi venti centimetri. Una donna profumata, con delle mani perfette così come il trucco, nulla a che vedere con Altair che non si pettinava da due giorni, aveva le unghie mangiucchiate ed un fisico asciutto, seppur in grado di portare sulle spalle tutte le spese effettuate, senza far una piega.

    Le avevano proposto di tutto, ed aveva incassato pensando che fosse meglio subire, piuttosto che rifiutare e poi veder la sua cliente brutalmente assalita. Si era sentita chiedere milioni di volte “perché non indossa orecchini? Le donerebbero” e altrettante volte finì per rispondere con il silenzio, rifiutando gentilmente l'offerta di bucarle gratuitamente qualsiasi parte del corpo: l'unico piercing che sarebbe stato comodo era quello per dare più aria alla testa... ma così sarebbe morta, meglio evitare. Con questo spirito positivo non si fece tentare dai vestiti né dai gioielli, roba delicata e che non sentiva di portar con la dovuta eleganza: in un mondo dove sembra la prassi, lei non riusciva a star nemmeno con un anello addosso, trovandosi spesso davanti gente molto più povera ma fornita di lei.

    « Preferisco spendere tutto in cibo, ma la ringrazio per la generosa offerta » declinò anche l'invito di
    Avreliya, così misericordiosa da volerle tessere un abito per ringraziarla per la temerarietà con cui l'aveva protetta: piuttosto che indossare uno di quei vestiti, avrebbe fatto la fame per un mese, e non perché temesse di star scoperta, ma perché poi ne sarebbero derivati troppi paragoni pesanti, ed era pur sempre una donna con un certo orgoglio. Pertanto riportò a casa la cliente, e si prese la responsabilità di viaggiare da sola fino al locale per consegnare le stoffe. Dovette perciò riprendere le vie del mercato, schivando con tutta la sua agilità un'ondata di bambini pronti a tornare a casa, i loro incoscienti genitori, ma anche degli adulti parecchio stralunati: resisteva da un intero giorno, era vicina a poter godere di quel cibo acquistato con le fatiche di ore ed ore, roba che non aveva mai assaggiato, tra frutti esotici di altri continenti e persino dolci... ed un dannato vecchio che stava per venirle addosso, e schivò con uno sforzo di reni non indifferente, sfregando il tallone del piede destro al punto di ferirsi e sanguinare copiosamente sulla terra; fu in quel momento che abbassò la guardia per pochi secondi, il tempo di strizzare gli occhi per il dolore alzando la leva inferiore che pungeva, odiando sé stessa, il fatto che al caldo indossasse solo delle fasciature nere ai piedi, spesse ma impossibili da applicare al tallone. Il cesto sulla testa non cedeva, il ciuffo ribelle restava a cuccia sotto il suo peso impossibilitato nel mostrarsi, fin quando non si sentì spingere in avanti, e nel vano tentativo di trovare un qualcosa al quale aggrapparsi, mollò il cesto, pentendosi due secondi dopo e stringendo il labbro inferiore con i denti: era finita. Per ribadirlo maggiormente, lo stomacò iniziò a brontolare, il suo sguardo rimase basso e non proferì parola, nemmeno sentendosi fermata alle spalle, coperte dalla borsa. Stava obliqua, con un solo piede puntato al suolo e con una posa che pareva più quella di una ballerina che sta tra le braccia del suo compagno ma no, tre dettagli non tornavano: le mani, dalle falangi spalancate alla ricerca di chissà cosa, continuavano a muoversi in maniera poco aggraziata, mentre il suo ciuffo, staccatosi dal resto dei capelli appiattiti, puntava contro il dannato che l'aveva spinta e si gonfiava sempre di più, facendo risplendere la sommità come una lama acuminata. Ed infine, ultimo non per importanza, il piede che sollevato prima per il dolore, ora con la punta era perfettamente all'altezza del cavallo dei pantaloni del malcapitato, scrutandone malamente le parti basse, come se fosse indecisa sul cavargli gli organi genitali con una pedata, il tutto in mezzo alla strada, davanti a tutti, con il respiro pesante ed i modi di ragionare di una bestia. E pensare che inizialmente, il piede l'aveva alzato in reazione al dolore, non per crearne ad altri che nemmeno aveva coraggio di guardare in faccia, le bastava sapere che era uomo, e forse era un bene non indagare oltre, poiché non si era ancora abituata a frenare l'emozione in caso si fosse trattato di uno dall'aspetto gradevole. Ma senza testicoli non sarebbe più stato uomo, no?

    « E COME CHIEDE SCUSA, SENTIAMO » immobile come una statua, la sua gamba pareva una sentenza di morte, per quanto fosse magra era ben allenata e non era difficile intuire che fosse anche capace di superare l'agilità media di una signorina qualunque, seppur oltre l'apparenza si poteva più pensare a lei come ad una scimmia inferocita.
     
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4 replies since 22/5/2017, 22:07   61 views
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